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Write on Mercoledì, 23 Giugno 2010 Pubblicato in DerPignetoSemoNoi.it-Sito Ufficiale del Gruppo Giovanile Pigneto

VOGLIO PORTARE ALL'ATTENZIONE DI VOI TUTTI QUESTO INTERESSANTISSMO ARTICOLO, DEL GIORNALISTA GIANCARLO PADOVAN, EX DIRETTORE DI TUTTOSPORT, DAL TITOLO...

"COME SVUOTARE GLI STADI"

Il provvedimento in vigore dal prossimo campionato ha provocato la rivolta delle curve.

"Ho cominciato a dubitare del futuro del calcio, temendo stesse imboccando una china apocalittica, quando l'attuale presidente del Consiglio, allora a capo del Milan, suo primo e vero veicolo di consenso popolare, designò chi assisteva alle partite, i tifosi, gli sportivi, gli appassionati, gli esteti, i fanatici, gli ultras e l'umanità più varia della tribù dello stadio con il termine, orribile e offensivo, di "clienti". Nella sua visione ottusa e commerciale della vita e del sentimento, dell'appartenenza e dell'emozione e, forse, praticamente di tutto, ognuno è cliente di qualcuno o di qualcosa. Dunque, come tale, diventa obiettivo di una strategia di marketing. Leggere, perciò, che la tessera del tifoso è uno strumento di fidelizzazione a beneficio delle società di calcio, sorprende solo quelli che nell'ultimo decennio sonnecchiavano senza accorgersi dei cambiamenti epocali di un ambiente diventato industria e azienda.

Nessun rimpianto di un passato arcaico e senza regole, quando il calciatore era merce di scambio e non aveva nemmeno il potere di accettare o meno un trasferimento. Nessuna nostalgia dei vecchi mecenati, tronfi e narcisi, che erano meglio degli attuali solo perché una stampa, autocensoria e trionfalistica, ne tralasciava i difetti lodandone solo il potere e il censo. Nessuna voglia di ripiombare in stadi cupi e senza vie di fuga, promiscui e grotteschi, dove comunque entrava di tutto, come testimoniano i morti di Salerno (Giuseppe Plaitano, 1963, Salernitana-Potenza) e all'Olimpico (Vincenzo Paparelli, 1979, durante il derby). No, niente di tutto questo. Oltre alla derubricazione del calcio a ramo della grande distribuzione, una sorta di prodotto omologato perché senza distinzioni e specificità, spaventa l'obiettivo di fondo: rendere lo sport, questo sport, un elemento per tifosi ufficialmente riconosciuti. Mi chiedo: e gli altri? Per esempio, i non tifosi, ma gli amanti del gioco? O gli appassionati puri? O quelli che si sono dimessi da tifosi? O le donne, sempre più numerose, che non sono categoria e nemmeno collettivo, sfuggendo a qualsiasi catalogazione? E gli interisti che, dopo Mourinho e la tripletta, si sono messi in sonno temendo di non poter rivivere un'altra stagione così trionfale? E i timidi, i puri, i deboli di tifo? Più che un'organizzazione per censire tutti gli spettatori, il progetto avrebbe dovuto tener conto della trasversalità che il calcio dona in misure diverse, e tutte rispettabili, ad una parte consistente dei suoi consumatori (termine etimologicamente diverso da clienti). Invece così si tende ad una semplificazione di massa che non sarà utile nemmeno ai club che vuole fidelizzarli. Intanto, perché inevitabilmente ne fidelizza solo una parte; poi, perché anziché avvicinarli allo stadio - allo spettacolo dello stadio, all'odore e al sapore dello stadio - li allontana. L'effetto di questa politica, anziché devastante come meriterebbe, non fa altro che spingere "clienti" verso la televisione a pagamento, il surrogato del botteghino, dove si affollano le masse, ignare di perdere la propria identità calcistica a beneficio di una visione della partita strumentale e, a volte, perfino manipolata. Parlo proprio della struttura del racconto, della consequenzialità delle immagini e della aderenza dei commenti al reale e al vissuto. Una prima, nemmeno troppo larvata forma di condizionamento.

La tessera del tifoso, in vigore dall'inizio della prossima stagione e contro la quale si organizzano manifestazioni, è l'altra faccia della card televisiva. Entrambe limitano (senza la tessera del tifoso non si potrà più seguire la propria squadra in trasferta, senza card non si vede la partita in tv), entrambe costano (la tessera dovrebbe aggirarsi sui dieci euro), entrambe identificano (nome e cognome utilizzabile per acquistare), entrambe saranno strumenti di marketing per rimpinguare ponderose mailing list dei "clienti" cui propinare ciarpame spacciato da merchandise.

Il resto è pretesto. Cosa significa sostenere che tra i vantaggi ci saranno i percorsi preferenziali all'interno degli stadi o di avere accessi con controlli limitati? Forse, com'è nella cultura del governo che l'ha concepita, che esistono tifosi di prima classe e tifosi di categorie inferiori?

E' probabile, se non fosse che siamo di fronte ad un controllo sociale con scopi di lucro e con l'intenzione di moltiplicare gli introiti di club sempre più famelici, disperatamente intenti a mantenere la propria sussistenza, spesso in pericolo. Da rifiutare, in toto, l'idea che la tessera stabilisca un senso di appartenenza e che chi vuol andare alle partite debba per forza aderirvi. Una volta, non esattamente nel Giurassico, per appartenere, sempre che lo si volesse, bastava l'abbonamento, un biglietto o una bandiera. Ora che serva la tessera, sembra solo una degenerazione, e nemmeno la più convincente. Diverso, anche se ambiguo, l'aspetto relativo alla sicurezza. Per ottenere la tessera del tifoso è necessario non essere sottoposto a Daspo, l'osceno acronimo che indica il divieto di accesso alle manifestazioni sportive, in base alle legge del 13 dicembre 1989. Cito l'anno, né per pedanteria, né per precisione. Ma perché la legge esiste da più di vent'anni e per applicarla non c'è bisogno di passare dall'invenzione della tessera. Strumentale, infine, che la si crei nel momento in cui aumentano a dismisura e, a volte, senza effettiva ragione di ordine pubblico, le disposizioni del Comitato di analisi per la sicurezza delle manifestazioni sportive (l'inutile e dannoso Casms, altro mostro prodotto dall'Osservatorio del ministero degli Interni): se, infatti, le trasferte sono sempre più vietate, a cosa serve la tessera per le trasferte? Tutto converge verso una burocratizzazione che scoraggia sia i veterani del tifo e della passione, sia i ragazzi, le ragazze e le fantomatiche famiglie che, in futuro dovrebbero scendere ad affollare lo stadio cinema-ristorante-supermercato, lo stadio mall della fantasia perversa di alcuni tecnocrati, mentre la partita c'è, oppure no, visto che l'importante è fare soldi in qualche modo. Perché allora tutta questa mobilitazione verso il tesseramento del tifoso? Forse, in fondo, per farlo recedere dall'andare allo stadio e aver avuto ragione a costruirne di piccoli, sempre più piccoli e adatti alle riprese tv. Forse per avere un motivo in più per dire che il calcio è sempre più e solo spettacolo televisivo. Dunque, da cambiare e da rendere sempre più affine a quel linguaggio, anche quanto a pause e interruzioni. Forse per arrivare ad un calcio inodore e insapore dove il pubblico altro non sia se non una quinta teatrale interpretata da attori scelti e fedeli. Affinché si compia l'oscura previsione del signor B. che, da presidente del Milan, a San Siro voleva solo i propri tifosi, capaci di interpretare gli osanna senza distinzioni e dissonanze".

Fonte: IL FATTO QUOTIDIANO

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Write on Domenica, 23 Maggio 2010 Pubblicato in Quartiere

IL PRESIDENTE DEL MUNICIPIO ROMA 6, GIAMMARCO PALMIERI, GUIDA IL MINI CORTEO PER LE VIE DEL PIGNETO CONTRO LO SPACCIO...

Giammarco Palmieri non gira la testa dell'altra parte di fronte allo spaccio e scende in strada invitando i cittadini  a seguirlo in un mini corteo, all'incirca 50 persone ma, tante affacciate dalle finestre e dai balconi lungo il tragitto, partito dall'Isola Pedonale e ritornare al punto di partenza, passando per Via Ascoli Piceno, Via Aquila, Via Macerata e Via del Pigneto. Durante il tragitto ci sono state tre soste dove il Presidente a fatto dei piccoli interventi, il primo in Via Ascoli Piceno angolo Via Perugia, il secondo in Via Aquila e il terzo in Via Macerata angolo Via Perugia: quest'ultimo potrete vedere il video alla fine di queste poche righe. I cittadini potevano essere molti di più ma, la paura di uscire di casa a manifestare e stata ancora una volta più forte di loro ed hanno perso una grande occassione come l'hanno persa i commercianti, che invece di fare una serrata e unirsi al mini corteo se ne sono stati rintanati nei loro negozi, eccetto qualcuno.

 

Il Presidente del Municipio Roma 6 Giammarco Palmieri con il Vice Presidente, alla sua sinistra, Tonino Vannisanti.

Write on Venerdì, 21 Maggio 2010 Pubblicato in DerPignetoSemoNoi.it-Sito Ufficiale del Gruppo Giovanile Pigneto

IL COMUNE DI ROMA SI PRESENTA PARTE CIVILE NEL PROCESSO SUL CASO DI STEFANO CUCCHI.

CON UNA MOZIONE BIPARTISAN, FIRMATARI OPPOSIZIONE E MAGGIORANZA...

INIZIATIVA IMPORTANTE DA PARTE DI RAPPRESENTATI DEI DUE SCHIERAMENTI, PD E PDL,IN RIGUARDO ALLA TRAGICA SCOMPARSA DI STEFANO CUCCHI.

<< Una mozione bipartisan, con firmatari dell’opposizione e della maggioranza, che impegna il sindaco a costituire il Comune di Roma parte civile nel futuro processo sul caso Cucchi è il traguardo condiviso questa mattina dai rappresentanti del Pd, del Pdl e dalla famiglia di Stefano. Presenti alla riunione Massimiliano Valeriani, presidente della commissione Controllo e garanzia di Roma, Alessandro Cochi consigliere comunale del Pdl, e la sorella di Stefano Cucchi, Ilaria. “La vicenda Cucchi - ha commentato Valeriani - e’ una vicenda che rappresenta una ferita enorme nella coscienza civile di questo paese. Per la prima volta in questa legislatura una commissione di inchiesta parlamentare ha approvato all’unanimità una relazione che in qualche modo spiega le ragioni per cui Stefano Cucchi e’ morto. Stefano Cucchi è morto perche’ i servitori dello Stato si sono preoccupati di occultare un omicidio piu’ che provare a salvargli la vita”. In attesa della presentazione della mozione in Consiglio comunale, l’esponente del Pd ha concluso sottolineando che “una iniziativa come questa, di cui sono molto fiero, puo’ servire a dare a Stefano la vicinanza delle istituzioni locali di Roma. Stefano e’ cittadino romano e credo sia doveroso che Roma si costituisca parte civile in questo processo. Credo che soltanto con la presenza del Comune in questa vicenda, si possa ridurre il rischio che c’e’ di abbassare le luci rispetto alla vicenda Stefano Cucchi. Noi crediamo che la giustizia debba arrivare fino in fondo e assicurare alla famiglia un po’ di verita’”. >>

fonte: valeriani.info

Write on Martedì, 18 Maggio 2010 Pubblicato in Quartiere

CON QUESTA LETTERA IL PRESIDENTE DEL MUNICIPIO ROMA 6, GIAMMARCO PALMIERI, INVITA TUTTI I CITTADINI DEL PIGNETO A SCENDERE IN STRADA CON LUI.

"Cari concittadini,

e ormai un fatto incontrovertibile che il nostro quartiere sia sempre di più palcoscenico di attivita illegali, in particolare lo spaccio di sostanze stupefacenti...

"Cari concittadini,

è ormai un fatto incontrovertibile che il nostro quartiere sia sempre di più palcoscenico di attivita illegali, in particolare lo spaccio di sostanze stupefacenti.

Nonostante gli encomiabili interventi finora messi in campo dalle forze dell'ordine per contrastare questa fenomeno dilagante, i cittadini lamentano giustamente di vivere in una situazione di illegalita ormai inaccettabile.

Per questo il Municipio Roma 6 ha deciso di invitare tutti i cittadini a manifestare il proprio disagio e a far sentire la propria voce ai soggetti competenti per la tutela della legalita e della vivibilita nel quartiere.

Il giomo 22 maggio 2010, dalle 19,00 in poi, si svolgera una manifestazione articolata in una passeggiata per le vie del quartiere, con appuntamento sull'isola pedonale, momenti di intrattenimento musicale ed artistico, per finire con una spaghettata tutti insieme in strada a mezzanotte.

Vuole essere un momento in cui democraticamente e pacificamente il territorio fa sentire la propria voce, annuncia di non essere pili disponibile ad accettare il fatto che di fronte a fenomeni criminali particolarmente odiosi come lo spaccio si giri la testa dall'altra parte. Un momenta in cui si "occupa" il territorio con iniziative di interesse collettivo, togliendo spazio agli spacciatori, e si richiamano i livelli amministrativi sovraordinati, le forze di pubblica sicurezza ed il govemo aIle loro responsabilita.

La manifestazione serve per chiedere un controllo più efficace e coordinato del territorio, che passi attraverso una seduta ad hoc del Comitato per l'Ordine e la Sicurezza, per chiedere al Comune risorse certe per dare continuita ad un programma di attivita collettive che riporti tutti i cittadini a vivere il quartiere e per i necessari interventi di qualificazione urbana del Pigneto.

Il Municipio si impegna, dal canto suo, a dare vita ad una serie di incontri di approfondimento che portino alla realizzazione di una conferenza di quadrante sul futuro del Pigneto.

Vi aspetto quindi tutti il 22 maggio alle 19,00 per rilanciare la vivibilita del quartiere."

Scarica la lettera in PDF

Write on Venerdì, 07 Maggio 2010 Pubblicato in Cultura

Italia (nome ufficiale Repubblica Italiana), stato dell’Europa meridionale, nato nel 1861 e dal 1946 politicamente istituito in repubblica parlamentare. Nei confini politici sono inclusi, a formare delle enclave, due piccoli stati indipendenti: lo stato della Città del Vaticano e la Repubblica di San Marino; Campione d’Italia è un’enclave italiana in territorio svizzero, amministrativamente in provincia di Como. La capitale è Roma.

Italia (nome ufficiale Repubblica Italiana), stato dell’Europa meridionale, nato nel 1861 e dal 1946 politicamente istituito in repubblica parlamentare. Nei confini politici sono inclusi, a formare delle enclave, due piccoli stati indipendenti: lo stato della Città del Vaticano e la Repubblica di San Marino; Campione d’Italia è un’enclave italiana in territorio svizzero, amministrativamente in provincia di Como. La capitale è Roma.

 

Marcia forzata verso il sud

 

L'esercito piemontese procedette velocemente alla conquista delle Marche e dell'Umbria sconfiggendo, il 18 settembre 1860, le truppe Papa a Castelfidardo, e, in poco più di un mese, arrivò a ricongiungersi alle truppe garibaldine, evitando così, sul nascere, ogni possibile "rischio" di nascita di una repubblica meridionale. Il 26 ottobre avvenne, nei pressi di Teano lo "storico" incontro tra Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi, che consegnò simbolicamente nelle mani del Re l'Italia meridionale. Ma, formalmente, soltanto nel febbraio del 1861 avvenne la proclamazione del nuovo Regno d'Italia, con capitale Torino, costituito da Regno di Sardegna, Lombardia, Toscana, Emilia, Umbria, Marche e tutta l'Italia meridionale liberata dalla spedizione dei Mille. Nel 1865 la Capitale fu spostata più a sud, cioè a Firenze, dove rimase fino al 1871. Nel frattempo, lo Statuto Albertino divenne legge di tutti gli italiani.

Le regioni del Nord-est e Roma

All'Unità italiana mancavano ancora alcune regioni dell'est, occupate dagli Austriaci, e Roma, fermamente difesa dall'esercito del Papa e dai suoi alleati francesi. Ci volle una terza guerra d'Indipendenza per ottenere, con la Pace di Vienna del 13 ottobre 1866, la Venezia Euganea, anche se il Trentino e la Venezia-Giulia continueranno ancora per molti anni a far parte del Regno d'Austria, e soltanto a prezzo di molto sangue e di una guerra mondiale ritorneranno all'Italia. L'altra questione aperta era quella "romana": essa tormentava assai Giuseppe Garibaldi, che aiutò un primo movimento insurrezionale, votato al fallimento per la preponderanza delle truppe francesi, contro le quali si scontrò egli stesso. Il 26 ottobre 1867, infatti, i suoi uomini riuscirono a sconfiggere a Monterotondo, a nord-est di Roma, i Francesi, i quali si presero però la rivincita una settimana dopo sconfiggendo le camicie rosse e costringendole al ritiro. Soltanto tre anni dopo, la sconfitta di Napoleone per mano dell'esercito prussiano e il conseguente ritiro da Roma delle truppe francesi spinsero il governo italiano a completare l'unificazione interrotta. Dopo alcuni tentativi, falliti, di pervenire a un accordo pacifico con Pio IX, cinquantamila uomini delle truppe reali, sotto il comando del generale Cadorna, furono inviati alla conquista di Roma. L'assedio fu molto breve e, praticamente, quasi senza colpo ferire; dopo aver aperto con i cannoni una breccia nelle mura di Porta Pia, il 20 settembre 1870, le truppe italiane entrarono nella città eterna accolti dall'entusiasmo della popolazione. Pio IX rifiutò la situazione e si chiuse nell'isolamento del Vaticano: soltanto molti anni dopo il Concordato tra la Chiesa e lo Stato italiano portò ad una conciliazione dei rapporti tra il potere temporale e quello spirituale. Con la presa di Roma, anche il Lazio, plebiscitariamente, decise la propria annessione al Regno d'Italia, e il Parlamento italiano votò, il 21 gennaio 1871, il trasferimento della capitale a Roma

 

fonte: http://mobile.international.rai.it/speciali/unitaitalia/index3.shtml

Da tempo l'eroe nazionale si stava preparando, con i suoi pochi uomini e il sostegno economico di alcuni borghesi liberali, a una spedizione in Sicilia. Il 5 maggio 1860 ritenne che fosse giunto il momento di tentare quella che a molti sembrava un'operazione militare destinata alla sconfitta. Gli furono messi a disposizione due battelli a vapore per portare un migliaio di uomini, armi e viveri verso la Sicilia partendo da Quarto, ad ovest di Genova, nei pressi di una grande casa patrizia. L'operazione fu protetta dalla Gran Bretagna, le cui navi "nascosero" la navigazione dei battelli. Iniziò così l'avventura delle mille camicie rosse, che sbarcarono a Marsala, sulla costa ovest della Sicilia, l'11 maggio, ben accolti e aiutati dalla popolazione locale. Il primo scontro decisivo con le truppe borboniche avvenne, quattro giorni dopo, il 15 maggio, a Calatafimi, dove i Mille riportarono una vittoria che aprì loro la strada di Palermo. Qui, però, la resistenza borbonica fu più accanita e la battaglia durò tre giorni. Alla fine le forze garibaldine, il 27 maggio 1860, conquistarono la città seconda capitale del Regno, dopo Napoli. La notizia della caduta di Palermo fece il giro dell'isola incoraggiando la popolazione di molti centri a insorgere, mentre andava aumentando il numero dei volontari che seguivano Giuseppe Garibaldi. Quasi due mesi dopo avvenne lo scontro decisivo contro la resistenza delle truppe borboniche, che si erano concentrate a Milazzo per impedire ai garibaldini la traversata dello Stretto di Messina. Un mese di preparazione e poi, il 20 agosto, le camicie rosse sbarcarono in Calabria. È in questa fase della spedizione che in segno di ringraziamento verso la Gran Bretagna per l'aiuto prestato, Giuseppe Garibaldi donò la bandiera, che era stata issata sulla nave "Il Lombardo" ed era divenuta il simbolo della spedizione, al console britannico che per alcune miglia accompagnò l'avanzata portando il tricolore. Gli uomini di Garibaldi avanzarono speditamente, incontrando una scarsa resistenza, debellata anche con la collaborazione degli insorti locali, lungo la strada che portava a Napoli, capitale del Regno. Il 7 settembre Giuseppe Garibaldi, insieme con le sue truppe, entrò a Napoli per poi affrontare in modo decisivo, sul fiume Volturno, quello che rimaneva dell'esercito borbonico. La vittoria, il 1 ottobre, apriva a Giuseppe Garibaldi la strada per Roma. Ma quella che oggi definiremmo la "realpolitik" del governo piemontese fermò i garibaldini per timore di una reazione internazionale a difesa dello Stato del Papa e del potenziale pericolo della nascita di una Repubblica del sud.

Partono i Mille

Breve Storia dell'Unità d'Italia: dalla Spedizione dei Mille alla presa di Roma Dopo diversi sanguinosi moti rivoluzionari e durante le guerre di Indipendenza, l'Unità d'Italia era ancora lontana. La svolta avvenne a metà del 1860 grazie a Giuseppe Garibaldi, il Libertador che aveva combattuto in favore di diversi popoli latino-americani ma che aveva avuto non pochi motivi di amarezza nella sua terra. La notizia delle rivolte in Sicilia e in altre zone del Meridione dopo che, alla morte di Re Ferdinando II, era salito al trono del Regno delle Due Sicilie il figlio Francesco II, spinse Garibaldi ad agire.